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Non vivo più dove sono nata, in Umbria. Non ho mai lavorato lì e, a volte, sotto la pressione della vita milanese, mi sono detta: "Torno!"
Ma no, non saprei davvero farlo. Anche se si tratta dello stesso Paese, sono mondi diversi. Per fortuna, il lavoro c'è anche lì, ma è un'altra cosa: i ritmi sono diversi e anch’io non sono più la stessa da quando me ne sono andata.
È così per chi vive lontano. All’inizio c’è l’entusiasmo della novità, lo stipendio, le abitudini, l’indipendenza. Ma poi, in quel posto, ci devi vivere davvero, affrontando ogni giorno, bello o brutto che sia. La vera sfida è poi il tempo che passa, i genitori che invecchiano, i figli da crescere e mantenere, il clima e i costumi che magari non ci vanno più giù.
Okay, qualcuno dirà “Ma basta che cambi Paese” …ma se per me non sembra la scelta migliore?
È facile lasciarsi affascinare da video che raccontano quanto "là" sia the place to be. Ma di italiani che vorrebbero tornare ne ho conosciuti diversi.
E non sono sfigati che non ce l'hanno fatta: sono persone diverse, con bisogni e stili di vita differenti.
Tornare, però, è più complesso che andarsene, per vari motivi:
La domanda e l’offerta di competenze spesso non si incontrano.
Non conosciamo più le dinamiche del mondo del lavoro locale.
Abbiamo obblighi, legami famigliari e necessità da rispettare.
Temiamo il cambiamento e la rottura di un confort zone.
C'è però chi ha deciso di investire su chi vuole rientrare in Italia, con una startup che aiuta a fare chiarezza e a offrire opportunità concrete a chi desidera dare un’altra chance al nostro Paese. Sara ha intervistato per FARO i fondatori ed ecco cosa ci hanno raccontato.
Buona lettura e se vuoi lasciarmi la tua esperienza di italiano/a che vorrebbe tornare ma non può, ti leggo volentieri!
Fabiana
In Italia quando si parla dei problemi relativi al mercato del lavoro e al costo della vita, di disoccupazione e dei giovani NEET, spesso, e spesso a sproposito, si vede l’Estero come la panacea di tutti i mali.
Mangi pasta fatta in casa, in Italia
Poi ti entrano i ladri in casa, in Italia
Non trovi un lavoro fisso, in Italia
Ma baci il crocifisso, in Italia
In Italia, Fabri Fibra, 2007
L'emigrazione italiana negli ultimi anni ha mostrato tendenze significative che meritano attenzione. Attualmente, oltre 6 milioni di italiani risiedono all'estero, quasi un italiano su dieci. Tra il 2022 e il 2023 c’è stata una crescita del 9,1% nel numero di espatriati.
Sono soprattutto giovani e persone in età lavorativa: nel 2023, il 45,5% del totale iscritti all’AIRE aveva tra i 18 e i 34 anni e il 23,3% tra i 35 e i 49 anni: il fenomeno migratorio è quindi legato alle opportunità lavorative.
Le cause che spingono i giovani ad andarsene sono note:
Mancanza di opportunità lavorative adeguate – Molti laureati non trovano impieghi che valorizzano le loro competenze o devono accontentarsi di contratti precari.
Bassi stipendi – I salari italiani, specialmente nel settore della ricerca e dell’innovazione, sono spesso inferiori rispetto ad altri Paesi europei.
Scarsa meritocrazia – La presenza di favoritismi e raccomandazioni in alcuni settori frena il riconoscimento del merito individuale.
Poca spesa in ricerca e sviluppo – L'Italia investe meno rispetto ad altri Paesi in settori ad alta innovazione e tecnologia.
Burocrazia pesante – Le lungaggini amministrative e la mancanza di efficienza scoraggiano imprenditori e professionisti.
Si parla di fuga dei cervelli dall'Italia in riferimento a persone altamente qualificate, soprattutto giovani laureati, ricercatori e professionisti, che emigrano in cerca di migliori opportunità lavorative, condizioni economiche più favorevoli e maggiore riconoscimento delle proprie competenze. Secondo i dati Istat, tra il 2012 e il 2021 sono espatriati circa 337.000 giovani, di cui oltre 120.000 laureati. I coetanei rimpatriati, nello stesso periodo, erano 94.000, di cui 41.000 laureati. Il saldo è negativo e si può affermare che l’Italia abbia perso 79.000 giovani laureati in dieci anni.
Se l’Italia fosse un’azienda, difficilmente rimarrebbe sul mercato: si stima che formare un laureato costi tra i 100.000 e i 150.000 euro, una spesa che sostiene per poi “regalare” talenti ad altre economie.
Se è vero che il fenomeno della fuga dei cervelli è un problema strutturale, è possibile ritenere che con interventi mirati si potrebbe arginarlo e addirittura trasformarlo in un'opportunità di crescita, favorendo un circolo virtuoso di esperienze internazionali e rientri qualificati.
Questo è il sogno di Pietro una piattaforma che seleziona aziende italiane inclusive, moderne e stimolanti, dove il talento è valorizzato e l’equilibrio tra lavoro e vita privata è al centro, che puntano su innovazione e crescita e ne pubblica le migliori offerte di lavoro, al fine di attrarre persone che desiderano rientrare in Italia, dopo un periodo di lavoro o di studio all’estero.
Si legge nel loro sito:
“Hai vissuto anni all’estero, costruendo una vita e una carriera lontano dall’Italia. Ora, però, qualcosa ti spinge a tornare: il desiderio di riavvicinarti alla famiglia, la necessità di un nuovo equilibrio professionale e personale o altre motivazioni personali.”
“La nostra missione - si legge nel manifesto - è dare visibilità a queste aziende virtuose, promuovendo modelli per il futuro del mercato del lavoro, affinché possano fungere da esempio positivo e spingere l’intero mercato del lavoro verso standard più alti. Siamo determinati a creare un ecosistema lavorativo più giusto e stimolante, che metta al centro le persone e le loro aspirazioni”.
Questo progetto nasce da Nicolò Marchetto e Paolo Citterio, entrambi con una lunga esperienza all’Estero, ispirati dai dubbi e dall’incertezza che il pensiero di rientrare in Italia generava in loro e dall’evidenza, osservata in prima persona nella start up dove si sono conosciuti, che le aziende crescono quando mettono le persone al centro e sono capaci di valorizzarle.
Nicolò e Paolo vogliono rispondere ad un bisogno comune a molti lavoratori espatriati e allo stesso tempo aiutare le imprese italiane a costruire processi di recruiting trasparenti per essere attrattive e competitive.
Perché avete deciso di investire su chi vuole tornare in Italia?
Da italiani che vivono all'estero da molti anni, ci siamo resi conto che l'Italia ci manca e vorremmo rientrare. Come noi migliaia di altri italiani in giro per il mondo. Continuiamo a leggere rapporti preoccupanti sulla fuga dei cervelli e sul fenomeno della glaciazione demografica, quindi ci sembrava arrivato il momento di intervenire per riportare talenti italiani (e non) in Italia. Far rientrare gli expat dovrebbe essere un no brainer, eppure nella realtà dei fatti il processo di rientro nasconde molte sfide: paure alimentate da una narrativa pessimistica (per cui in Italia sarebbe tutto un disastro), mancanza di informazioni e di supporto mirato a chi vuole rientrare.
Quali sono le difficoltà incontrate in questa missione e come superarle?
C'è talmente tanta disinformazione e negatività nei confronti del mercato del lavoro italiano, che molti talenti rimangono sorpresi quando li mettiamo in contatto con aziende altamente attrattive in Italia. Dall'altro lato, le aziende non sembrano cercare attivamente gli italiani all'Estero, lasciandosi scappare l'occasione di portarsi a casa talenti altamente formati e di qualità. Cambiando la narrazione sulle aziende italiane attrattive e creando il primo talent hub di italiani all'Estero, Pietro sta iniziando ad invertire la rotta.
Sul sito infatti si trova una sezione per i candidati, che oltre alle offerte di lavoro ha un blog con le testimonianze di chi ha scelto di rientrare, aiutato da Pietro, e la possibilità di scegliere un percorso con una career coach, Eleonora Mistro, iniziando con una call conoscitiva gratuita di 20 minuti.
Ha avuto un grande successo la sezione dedicata alle offerte con una RAL di oltre 50.000 €.
Alle aziende, Pietro offre l’opportunità di intercettare un nuovo pool di talenti ancora poco sfruttato, sia attraverso un matching mirato 1-1, sia organizzando webinar con la community. Inoltre, valorizza i punti di forza delle aziende raccontando l’unicità della loro cultura aziendale, aiutandole a rendere più attrattive le loro offerte di lavoro.
Il 10 febbraio ho partecipato al primo webinar di Pietro, organizzato su LinkedIn. C’erano ben 216 partecipanti, molto attivi sulla chat che hanno fatto domande interessanti e condiviso la loro esperienza di ricerca di lavoro dall’estero, i loro dubbi e le loro frustrazioni.
Soprattutto per il processo di recruitment italiano: molto spesso non si hanno risposte dalle aziende in cui ci si candida, oppure, dopo il primo colloquio, il processo di selezione si interrompe.
Il ghosting è proprio una maledetta malattia italiana!
Ecco i consigli di Eleonora su come trovare lavoro in Italia:
Avere pazienza e gestire le aspettative
Il mercato del lavoro italiano ha dinamiche diverse rispetto a quello estero. I tempi di selezione possono essere più lunghi e la retribuzione, a parità di ruolo, potrebbe essere inferiore rispetto a quella di altri Paesi. È importante prepararsi a questa realtà senza scoraggiarsi, ma cercando di valorizzare l’esperienza acquisita all’estero. La ricerca può durare diversi mesi, quindi meglio affrontarla con metodo e costanza.Partecipare a webinar ed eventi di settore in Italia
Dopo un periodo all’estero, può essere utile aggiornarsi sulle tendenze del mercato italiano, che potrebbero essere cambiate nel frattempo. Partecipare a conferenze, eventi di networking e webinar specifici aiuta a ricostruire un network professionale in Italia e a comprendere meglio le esigenze delle aziende locali.Fare networking e riallacciare contatti professionali in Italia
Se si è stati via per anni, è possibile che i contatti lavorativi in Italia si siano un po' affievoliti. È quindi fondamentale ricostruire una rete, magari riprendendo i rapporti con ex colleghi, professori universitari o conoscenti che lavorano in settori affini. LinkedIn è uno strumento prezioso: aggiornare il proprio profilo, interagire con contenuti italiani e valutare un’iscrizione a LinkedIn Premium può offrire maggiore visibilità ai recruiter italiani.Adattare il proprio personal branding al mercato italiano
Il modo di presentarsi professionalmente può variare da Paese a Paese. Se all’estero il CV o il profilo LinkedIn erano strutturati in un certo modo, potrebbe essere necessario adattarli agli standard italiani, mettendo in evidenza le competenze più richieste nel nostro mercato. Inoltre, raccontare l’esperienza internazionale come un valore aggiunto, senza dare per scontato che venga sempre percepita come tale, aiuta a fare la differenza.Informarsi su incentivi e opportunità per chi rientra in Italia
Negli ultimi anni sono nati diversi incentivi per chi decide di tornare, come agevolazioni fiscali per i lavoratori rimpatriati o finanziamenti per chi vuole avviare un’attività. È utile informarsi su queste opportunità e valutare se esistano agevolazioni specifiche per il proprio settore o livello di esperienza. Anche esplorare il mondo del freelance o della consulenza può essere una strada interessante, soprattutto se si vuole sfruttare la rete di contatti costruita all’estero.
Sulla pagina LinkedIn di Pietro, presto ci saranno due ulteriori webinar: uno con incontri virtuali con aziende partner e uno volto a creare un grande database di talenti che vogliono rientrare.
E infine, una risorsa utile consigliata da Nicolò per chi sta pensando di trasferirsi o tornare in Italia è Moving2Italy, una soluzione digitale completa progettata per assistere chi desidera trasferirsi in Italia, offrendo supporto nella gestione di tutti gli aspetti fiscali legati al trasferimento, dalle imposte ai piani pensionistici.
Sara Martinelli
Qualche link utile
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