Il posto fisso
“L’innovazione e l’intuizione fioriscono quando le nostre menti si trovano in una condizione di maggiore apertura.” - Daniel Goleman
Nel1995 Daniel Goleman approfondiva l’ambito psicologico, sociale e lavorativo grazie agli studi sull’intelligenza emotiva. In pratica, tutte quelle abilità fondamentali per comprendere le proprie emozioni e quelle altrui con empatia, rendendo più efficaci le relazioni personali e la gestione dello stress.
In quegli stessi anni, noi millennial (ma non solo, eh) crescevamo però come l’ultima generazione con la liturgia del “posto fisso a vita”: busta paga a fine mese e contratto a tempo indeterminato = stampelle sacre.
Però, pur non avendo troppi anni sulle spalle, abbiamo già preso parecchie batoste: pensiamo anche solo al Jobs Act. Così la consapevolezza delle emozioni guida pensieri, azioni e comportamenti più maturi. Infatti, la nostra “piccola rivoluzione silenziosa” interrompe quell’equazione che voleva il nostro ambiente di lavoro pari a una famiglia.
Servono proprio 40 ore a settimana?
Già dall’invenzione degli elettrodomestici e delle automobili il progresso dell’automazione consente di produrre di più in meno tempo e con minore sforzo. Eppure, nonostante l’incremento della capacità produttiva digitale e del lavoro agile siamo sempre di corsa. Ci affascinano lo sviluppo produttivo tecnologico e l’intelligenza artificiale, ma (se va bene) restiamo confinati nella gabbia dorata delle otto ore al giorno.
E, se ottimizziamo qualche ritaglio di spazio, ‘‘ci portiamo avanti’’ dilatando a loop altro lavoro. Insomma, se su 24h ne trascorriamo almeno otto al lavoro ed altre otto a dormire, nelle ultime otto ci spostiamo sui mezzi, mangiamo, sistemiamo la casa, vediamo qualche umano e ci lamentiamo. Del tempo libero, nei casi più fortunati, forse qualche traccia nel weekend.
Una vita part-time
Più tempo per noi può risultare incompatibile per policy aziendale o a causa della riduzione del reddito. Talvolta, oltretutto, il contratto part-time crea imbarazzi tra i colleghi, come se lavorassimo meno perché facciamo i furbi e non perché guadagniamo diversamente.
Non dimentichiamo che nel girone dei part-time pagati male e su turni smezzati rientra anche chi lavora ufficiosamente a tempo pieno senza il riconoscimento degli straordinari.
I part-time seri - non il telemarketing che gira ancora su Facebook - sono rari perché all’azienda costa meno un lavoratore full-time rispetto a due lavoratori part-time. Molte persone vorrebbero concedersi l’agio di poter occuparsi di altro, ma dall’esterno chi concilia meglio vita-lavoro appare meno ambizioso - anche se nel restante tempo ambisce proprio a trovare scenari migliori, più di chi lavora e basta.
Produttività alla mano
Secondo uno studio del 2018, lavorare meno ore migliora la produttività. In sei ore lavorative a Melbourne (già prima della pandemia) era diminuito il tempo speso in riunioni infinite, per concentrarsi sugli effettivi compiti da svolgere. Inoltre, significativa anche la riduzione del tempo connesso alle attività personali, date le restanti ore libere.
Probabilmente, non diventeremo più produttivi seguendo i guru grintosi e le startup frenetiche in stile ‘‘sveglia alle 5, meditazione e spacca tutto’’. Però, sperimentando le strategie più adatte a ciascuno di noi potremo lavorare IL GIUSTO per obiettivi (e non per cartellini timbrati) accrescendo la qualità della vita personale e professionale.
In fondo, tra i Link utili ecco qualche suggerimento!
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