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A 42 anni suonati ho deciso di fare un WeRoad
Mentre stai leggendo questa newsletter, dovrei essere appena arrivata a destinazione e aver conosciuto i miei compagni e compagne di viaggio. Da quanto so oggi, siamo in 12, con età comprese tra i 28 e i 43 anni.
Passare Natale e Capodanno con degli sconosciuti, forse, non è quello che la società si sarebbe attesa da me a quest’età.
Fattore C, aiutami! I miei problemi con la socialità non sono ancora risolti, anche se, di solito, mi trovo meglio con persone più giovani che con i miei coetanei.
Ma quanti anni mi sento davvero? Direi 28, più o meno.
Age deflation
Cercando online, ho scoperto di non essere l’unica a sentirmi più giovane.
Secondo uno studio del 2006 pubblicato sul Journal of Gerontology da Rubin e Berntsen, gli adulti di mezza età e gli anziani dichiarano spesso di sentirsi circa il 20% più giovani della loro età anagrafica. Questo fenomeno è noto come "age deflation", ovvero la percezione di un'età soggettiva inferiore.
Come funziona?
In gioventù: Le persone più giovani tendono a percepire la loro età soggettiva vicina alla realtà o, a volte, si sentono persino più grandi.
In età adulta e anziana: Dai 40 anni in su, ci si percepisce spesso significativamente più giovani. Uno studio di Montepare e Lachman (1989) ha rilevato che le persone tra i 60 e i 70 anni si sentono mentalmente tra i 50 e i 55 anni.
Serve a qualcosa sentirsi più giovani?
Sentirsi più giovani porta con sé benefici psicologici e fisici. Ad esempio:
Uno studio del 2018 pubblicato su Frontiers in Aging Neuroscience ha dimostrato che un'età percepita più giovane è associata a un rischio ridotto di declino cognitivo.
È legato anche a una migliore salute fisica, a un maggiore ottimismo e a una maggiore resilienza.
Tuttavia, non è automatico sentirsi giovani. Alcuni fattori influenzano la percezione della propria età mentale, come:
Salute fisica e mentale: Chi è in buona salute tende a percepirsi più giovane.
Attività fisica: Uno stile di vita attivo è spesso associato a una percezione più giovane di sé.
Cultura e società: L’atteggiamento verso l’invecchiamento varia tra le culture, influenzando l'età soggettiva.
Dal mio punto di vista, lavorare da oltre 15 anni circondata da neolaureati/e mi ha sicuramente aiutata a sentirmi così.
Vivremo 100 anni e ancora pensiamo che ne valgano solo i primi 30
Forse non arriveremo proprio a 100, ma le statistiche ci dicono che, nell’ultimo secolo, abbiamo guadagnato 30 anni di vita in più.
La longevità è il nostro futuro, eppure sembriamo ignorarlo.
Anzi, in un Paese come il nostro, con sempre meno nascite, continuiamo a fissare limiti di età, escludendo dal mercato del lavoro donne, senior e NEET oltre i 50 anni.
Un evento recente mi ha aperto un po' gli occhi (questo qui, in particolare ti consiglio l’intervento di Alessandro Rosina).
Forse è normale non sentirsi realizzati a 30 anni per un motivo più profondo.
Superare il modello delle tre fasi di vita
Avivah Wittenberg-Cox, esperta di leadership e longevismo, suggerisce di superare il modello tradizionale di vita suddiviso in tre fasi — Study, work, retire — perché ormai non riflette più le realtà demografiche e sociali attuali. Con una maggiore longevità e continui cambiamenti nel mondo del lavoro, questa struttura è diventata obsoleta.
Perché superare il modello a tre fasi?
Aumento della longevità: L’aspettativa di vita è cresciuta. Molte persone vivono oltre 80-90 anni, rendendo insostenibile un lungo periodo di "pensione" (anche 30 o 40 anni) dopo una carriera lineare.
Mondo del lavoro in trasformazione: La tecnologia richiede formazione continua e adattabilità, rendendo obsoleta l'idea di studiare solo in gioventù.
Desiderio di equilibrio: Sempre più persone cercano di bilanciare lavoro, apprendimento e tempo libero lungo tutta la vita, anziché concentrarli in fasi rigide.
Declino del concetto di pensione tradizionale: Molti scelgono di lavorare anche dopo l’età pensionabile, per necessità economica o per mantenere vitalità e connessioni sociali.
Il modello delle quattro fasi di vita
Avivah Wittenberg-Cox propone un modello di vita in quattro fasi dinamiche:
Educazione e scoperta (0-25 anni): Studio, esplorazione dei talenti e delle passioni.
Sperimentazione e costruzione (25-50 anni): Carriera, cambiamenti, bilanciamento tra lavoro e vita privata.
Consolidamento e contributo (50-75 anni): Nuove carriere, mentoring, leadership o imprenditoria.
Riflessione e rigenerazione (75+ anni): Continuare a imparare, esplorare passioni e contribuire in nuovi modi.
Guardando la vita con queste "lenti" tutto appare più chiaro: il desiderio di reinventarsi, carriere non lineari e l’importanza di prendersi tempo per sé.
L’apprendimento non si ferma a 25 anni, ma dura tutta la vita, permettendoci di rimanere aggiornati e di crescere.
E invece no: continuiamo ad avere leggi e aziende che fissano i 30 anni come ultima frontiera del successo, come se i restanti anni fossimo persone sulle quali non conviene più investire.
Assurdo, no?
La parola dell’anno: "Maturo"
Come ogni anno, in Giappone hanno scelto “Oro” come carattere dell’anno.
Io scelgo invece “Maturo” come aggettivo per il 2024. Quest’anno ho portato il mio lavoro su piani che riflettono meglio le mie competenze: consulenze aziendali, formazione universitaria e inviti come keynote speaker o inspirational model.
Il mio "meteorite" ogni tanto incombe (ne ho parlato in un reel), ma, non potendo prevedere il futuro, cerco di diversificare le mie attività.
Buone feste e un nuovo anno pieno di tutto ciò che desideri.
Fabiana

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