Immagine ottenuta con Adobe Firefly
In Italia di lavoro si parla poco e male
Così Paolo Iacci introduce la percezione dei nostri tempi nel suo “Smetto quando voglio”. Libro che ho avuto la fortuna di presentare in PHYD la scorsa settimana (la registrazione la trovi qui).
Ormai si parla di lavoro solo se sei il primo della lista di quel giornale, fondatore di 6 startup, cavalcatore di unicorni, meglio se tutto questo under 30, oppure se devi denunciarne iniquità, dipingendo solo fosse fatica e sfruttamento.
La polemica, forte motore dell’hype, muove gli algoritmi social e, senza fare nomi, penso avrai in mente almeno 3 o 4 pagine che usano solamente temi di protesta, indignazione, dati costantemente drammatici per i loro post.
A questa retorica dell’Italia che fa schifo e del lavoro infame, non ho mai partecipato. Non perché neghi l’evidenza ma preferisco concentrarmi sulle opportunità.
Non sono mandrake (no, non l’ho visto nemmeno io in TV ma si dice così) ma in 15 anni circa che lavoro ho avuto diverse possibilità per cambiare la vita e cercarne una che mi somigli. Per questo voglio parlare di occasioni, dove ce ne sono, come fare: lo ritengo maggiormente di valore rispetto alle lamentazioni continue.
Vero! C’è pure chi mi accusa di non schierarmi o stare con i padroni (sic). Ma a questi rispondo che 1) non sono il servizio pubblico ma una persona che rappresenta solo se stessa 2) più che prendersela con me che non dico quello che vogliono loro, possono darsi da fare in altro modo per smuovere le acque. E invece…
Nulla (o quasi) si muove
Diciamo la verità: quanti degli infervorati leoni da tastiera che gridano allo scandalo, all’Estero (entità indistinta che va dalla Germania alla Guyana Francese) come panacea di tutti i mali, fanno qualcosa oltre scrivere il commento? Una protesta formale alle istituzioni? Una consulenza al centro per l’impiego o informagiovani? Una raccolta firme? Una lettera al Presidente della Repubblica?
Dalle nuove generazioni vedo ancora, per fortuna, qualche manifestazione in piazza. Quasi sempre abbastanza strumentalizzata dai media tradizionali.
Come Iacci precisa in una maniera lucida e tagliente:
“Quando si parla di disoccupazione, si parla di dare loro un sussidio. Non di trovare lavoro”.
E in effetti di persone che mi chiedono come essere licenziate per prendere la NaSpI ne ho avute.
Ci sono tante cose che non vogliamo vedere e che i media non raccontano, come per esempio i dati ISTAT che parlano del 61,8% di occupazione (la più alta da almeno 40 anni), meno lavoro sommerso, presenza contratti a tempo determinato del 13,5% in linea con l’Europa (12%)
Non parliamo mai di quanto il Paese e le scelte politiche stiano impoverendo l’istruzione, vero motore dell’ascensore sociale. Ci preoccupiamo più dell’immigrazione che della fuga dei cervelli. Non investiamo in attività di l’orientamento e continuiamo a credere che i lavori tecnici o manuali siano di serie B.
Ma no, meglio continuare a indignarci per quel post…
Un immenso oggi
Lo sdegno sui social crea consapevolezza. Mettere in piazza il magone aumenta la coesione e ci fa sentire meno soli.
Indubbiamente. Solo quello che temo su questo dire “Siamo in un’epoca sfortunata” oppure sul cinismo dei commenti è ci deresponsabilizzi. Come se dicessimo “Tanto ormai il danno è fatto e non posso farci nulla.”
Questo è gravissimo. Soprattutto per i più giovani che stanno perdendo quel senso di collettività del poter cambiare le cose, tipico delle generazioni precedenti.
I famosi boomer, ora grandi gaudenti di proprietà immobiliari illimitate, sono gli stessi che sono scesi in piazza negli anni ‘60 e ‘70 a rivendicare una scuola equa e un salario giusto.
Che cosa avevano di diverso?
Credevano nel futuro.
Oggi il futuro non c’è. O meglio è qualcosa di oscuro con tanti timori che nascono dalle nuove tecnologie, guerre e azzardi dell’uomo.
Io non so te. Mi sono accorta da almeno tre anni di non vedermi più proiettata in avanti. Vivo in un costante oggi. Alcune volte va meglio e sono felice. Altre volte, come oggi, sento di aver vissuto già abbastanza.
L’epoca delle passioni tristi
Miguel Benasayag e Gerard Schmit già nel 2004 pubblicavano “L’epoca della passioni tristi” dove parlavano di un
“senso pervasivo di impotenza e incertezza […] che ci porta a vivere il mondo come una minaccia […]. La fede nel progresso è ormai sostituita dal futuro cupo, dalla brutalità che identifica la libertà con il dominio di sé, del proprio ambiente, degli altri”.
Se il futuro non è più una promessa, una redenzione laica allora ne ho paura e vivo in questo costante presente circondato da modelli dove tutto è bianco o nero. Non esistono mezze misure. Non esiste un “provarci insieme”.
E’ il social burnout, come precisa Iacci,
quel “bruciarsi”, “esaurirsi”, dovuto all’eccessiva spersonalizzazione soprattutto del mondo del lavoro. Malattia del troppo. Tipica degli eccessi del sistema di consumo, produzione e lavoro occidentale.
Odiamo il lavoro ma, secondo l’Edelman Trust Barometer, ci fidiamo delle aziende di più di politica, istituzioni e NGOs.
A piccoli passi
Se sei arrivat* fin qui, ti ringrazio. Perché il pezzo di oggi non era per nulla facile ma riassume quello che sento da quattro anni a questa parte.
Qualche giorno fa ho cercato di chiederti “Se ritieni di poter cambiare le cose” e la sorpresa è stata che in tanti vi date da fare individualmente per cercare di migliorare quello che vi circonda: dando un impatto positivo, partecipando ad attività di associazionismo di varia natura, migliorando la propria condizione con per esempio corsi di formazione.
Il primo consiglio che ti do è quindi di tenere stretti i tuoi valori più cari, non giungere a compromessi su quelli e cerca di fare guidare le tue azioni da questi.
Tanti giorni sono affaticata dalle consegne. Stanca di leggere di Celestina63 che non mi reputa affidabile perché ho i capelli blu. Appesantita da vicende familiari. Ma cerco sempre di creare contenuti che possano essere d’aiuto per qualcuno.
Anche se l’ hype degli altri è migliore, anche se Frank Gramuglia fa più ridere. Ma sento che per me va meglio così.
Il secondo è che bisogna saper scegliere le informazioni. Vero, l’accesso ai contenuti oggi sembra illimitato ma assomiglia a un rumore di fondo che non ad una narrazione di senso compiuto: il trend del momento, il personaggio del momento, la scena social della settimana…
Scegliere è difficile. Capire ancora di più.
Cosa faccio io? Seleziono delle fonti affidabili (giornali, siti ma anche persone) da ascoltare e coltivo il mio punto di vista. Non mi serve imporlo ma, averne uno, non mi fa per forza essere parte delle massa.
In ultimo, investire sull’orientamento. Se dobbiamo scegliere lavoro, studi, spostamenti, investimenti ecc… ritorniamo alle fonti affidabili di prima o scegliamoci un mentore.
Dobbiamo avere la possibilità di fare le domande a qualcuno. Non siamo nati imparati, soprattutto ora che la tecnologia ci impone nuove competenze in breve tempo. Informagiovani, eventi on-line, career service dell’università, fiere del lavoro: ogni occasione è buona per avere supporto.
E poi mi guardo indietro ogni tanto. Lascio la nostalgia del tempo che fu, per guardare la strada fatta.
Poca o tanta che sia. Capirai che non sei un foglio bianco.
Fine.
Non riesci come me a vedere il futuro? Mi fa piacere se me lo scrivi.
In fondo, tra i Link utili ecco qualche suggerimento!
Solo link utili!
Come ogni mese, ecco la lista dei link che ti saranno di sicuro utili 👇
Academy Aziendali
I profili più ricercati sono rari? Ecco quindi il diffondersi di Academy aziendali, percorsi gratis dove, ad una formazione in aula, si affianca un training on the job finalizzato all’inserimento. Ecco quelle che ho selezionato per te:
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Grazie! La tua newsletter ha un valore inestimabile, Fabiana. Così come il tuo esempio e la vulnerabilità che dimostri raccontando anche i momenti no, della tua vita da libera professionista, che segue la propria passione.
Hai fotografato perfettamente una realtà e una sensazione di impotenza che ho subito a lungo prima di trovare il coraggio di licenziarmi, dopo aver lavorato a lungo nell'ambito delle Politiche Attive del Lavoro. Ero stanca di fare parte di un settore senza futuro. Ma il mio desiderio non è smettere di lavorare, ma fare qualcosa che mi appaghi e contribuire ad un'idea di mondo che mi assomiglia di più. L'orientamento resta nel mio cuore e spesso penso a quanto sarebbe stata diversa la mia vita se ci avessi avuto accesso da adolescente. Per questo, come volontaria, aiuto dei ragazzi che stanno dando vita ad un progetto di orientamento che si chiama Next5000days e che ti invito a scoprire. Per questo suggerisco ad ogni persona con cui parlo e che entra sull'argomento "lavoro" di visitare la tua pagina. Stai donando tantissimo valore e il tuo successo né è la prova. Grazie ancora e continua così!