LA LEGGE PER IMPARARE A VIVERE - FARO #42
Quali sono le abilità essenziali per la vita al di là di quello che studiamo?
Immagine generata con Adobe Firefly
Ho una figlia di 10 anni che frequenta la 5° elementare e che qualche settimana fa mi ha chiesto di farle alcune domande sui Greci perché il giorno dopo aveva la verifica di Storia. Sarà che avevo solo vaghi ricordi (ho fatto lo scientifico e comunque sono passati troppi anni!), saranno i conflitti in corso, ma mi ha davvero colpita la differenza tra il sistema educativo di Sparta e quello di Atene: il primo formava guerrieri mentre il secondo mirava ad educare dei buoni cittadini.
Negli stessi giorni ho letto la notizia dell’approvazione al Senato del disegno di legge (ddl) numero 845 che prevede “l’Introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive e trasversali nei percorsi delle istituzioni scolastiche e dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti nonché nei percorsi di istruzione e formazione professionale”.
Mi sono subito chiesta che tipo di essere umano intende formare la scuola italiana, sono stata confusa dal termine “competenze non cognitive e trasversali” e mi sono anche domandata come verrà accolta questa novità dai docenti e come verrà inserita nei già folti programmi didattici.
Ho iniziato a cercare informazioni su internet, ho evitato di addentrarmi nelle numerose polemiche e critiche che l’approvazione della legge ha destato, e anche se non sono riuscita a trovare tutte le risposte ai miei dubbi adesso ho le idee più chiare e sono felice di condividere alcune delle mie riflessioni.
Che tipo di cittadino vuole formare la scuola italiana con questa legge?
L’obiettivo principale della legge è quello di contrastare l’abbandono scolastico e la povertà educativa, aiutando gli studenti a sviluppare abilità essenziali per la vita quotidiana e per il futuro professionale.
Portando le competenze trasversali in aula si vanno a costruire collegamenti tra scuola, lavoro, inserimento sociale, diritti di cittadinanza e benessere psicofisico.
Un benessere difficile da trovare in una società liquida, come la definisce Zygmunt Baumann, che corre e cambia velocemente, iperconnessa, caratterizzata da insicurezza, incertezza esistenziale, individualismo estremo, solitudine e la scomparsa dei legami sociali.
L’OMS ha dichiarato che nel 2030 la depressione sarà la prima causa al mondo di giornate di lavoro perse per disabilità, superando il primato storico delle malattie cardiovascolari.
L’aumento del numero di giovani con patologie psichiatriche, dopo l’epidemia di Covid-19, mette in evidenza come le emergenze sociali siano un fattore scatenante della depressione e di altri disturbi psichici e ci porta a sperare che le capacità che si insegneranno a scuola saranno utili per affrontare le sfide e le frustrazioni che già coinvolgono gli studenti e che li renderanno adattabili a scenari lavorativi e sociali futuri non ancora prevedibili.
Quali sono le soft skills?
Grazie alla legge a scuola saranno insegnate l’empatia, la gestione dello stress, saper riconoscere e gestire le proprie emozioni, comprendere quello degli altri, la comunicazione efficace e il pensiero critico, la fiducia in sé stessi e l’autostima.
La confusione che ho avvertito appena letto il titolo della legge deriva dall’ incongruenza con quello che ricordavo dagli studi universitari di psicologia e di gestione delle risorse umane.
Già nel secolo scorso, l’OMS sottolineava l’importanza di queste competenze, individuando 10 soft (o life) skills fondamentali per il benessere e per la realizzazione personale e professionale, suddivise in tre macroaree:
competenze emotive (consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress),
competenze relazionali (empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci)
competenze cognitive (risolvere i problemi, prendere decisioni, pensiero critico, pensiero creativo).
La più recente lettura del Future of Jobs Report 2025 ci conferma che tra le prime 10 competenze richieste dal mercato del lavoro nel 2030, troviamo ai primi due posti proprio due competenze cognitive: il pensiero critico e il pensiero creativo.
Da parte delle aziende "c'è una maggiore attenzione e interesse verso le persone con pensiero analitico e creatività" ha dichiarato Saadia Zahidi, del World Economic Forum, in un'intervista in cui parlava del report.
Ha aggiunto inoltre che è molto importante avere capacità di leadership, di empatia e di ascolto attivo degli altri. Ricordando che questi sono “i tratti che ci rendono umani, che ci permettono di relazionarci tra noi e di realizzare cose innovative e creative nel mondo del lavoro."
La legge italiana si inserisce in un generale riconoscimento dell’importanza delle soft skill nel mondo del lavoro.
Come e da chi verranno allenate le soft skils?
Preferisco non entrare nel merito delle polemiche riguardanti il ruolo dei docenti nella sperimentazione. Ritengo che ogni azienda dovrebbe dedicare risorse economiche e tempo alla formazione dei propri collaboratori, riconoscendo l’importanza del fattore umano come unico e indispensabile elemento di sviluppo. Penso che questo sia doppiamente valido per la scuola: investire nella formazione dei docenti sul tema delle competenze trasversali potrà avere effetti positivi a cascata sugli alunni.
La legge dice che la sperimentazione mira “all’individuazione di percorsi formativi basati su metodologie didattiche innovative che valorizzino potenzialità, motivazioni e talenti degli studenti” anche attraverso “partenariati con organizzazioni del Terzo settore e del volontariato” (Art. 4, comma 3, lettera c).
Queste ultime realtà, diffuse in tutta Italia, sono indispensabili per acquisire competenze trasversali. Come lo sono i tirocini, i progetti scolastici complementari, le esperienze nell’associazionismo e nello sport.
Su questo tema sono interessanti i risultati dell’indagine “NOI+. Valorizza te stesso, valorizzi il volontariato” condotta da Forum Terzo Settore e Caritas Italiana, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre.
L’iniziativa mira a promuovere la definizione dei criteri per il riconoscimento in ambito scolastico e lavorativo delle competenze acquisite nello svolgimento di attività di volontariato e c’è da augurarsi che questo avvenga presto.
Per concludere condivido una considerazione che ho avuto il piacere di ascoltare durante un evento dedicato al tema della fast fashion e che mi ha fatto pensare che le soft skill possono essere strumenti fondamentali per affrontare tre delle più grandi sfide che i giovani dovranno affrontare:
rimanere esseri umani in un mondo orientato al consumo;
essere sostituiti dalla tecnologia;
preservare il pianeta Terra.
Quello che ci rende umani è la capacità di risolvere problemi complessi, di trovare soluzioni nuove, di IMMAGINARE e di CREARE.
Le soluzioni per vincere il problema ambientale globale si troveranno nella collaborazione tra generazioni diverse, in contesti di lavoro e di ricerca in cui coopereranno insieme valorizzando le competenze specifiche, in cui il fattore umano sarà al centro.
La mia speranza è che questo avvenga già a partire dalla scuola.
Sara Martinelli

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