Ciao Fabiana, sono una mamma di un…
Da qualche tempo, sono aumentati nei DM il numero di messaggi da parte di madri (ma anche padri), che mi chiedono consigli su studio e lavoro per i propri figli. Parliamo di ragazze e ragazzi che almeno hanno almeno 20 anni e di solito diplomati o laureati. Ma che cosa sta succedendo?
Premessa: qui non voglio dare giudizi su tale comportamento (tranne che per le red flag) ma cercare di capire meglio le dinamiche di tali comportamenti.
Di genitori che non mollano la presa e di figli che la tengono saldamente
Senza scomodare teorie antropologiche o psicologiche, lo vediamo da soli: la cura verso i figli ormai non si esaurisce. Una mamma mi scrive: “I figli adolescenti difficilmente chiedono aiuto, arrivano alla maturità con poche idee sul futuro e la scuola non li aiuta. Quindi come genitore ti devi mettere a studiare le professioni del futuro e quali sono i percorsi formativi da intraprendere”.
Un responsabile formazione di un ITS che mi testimonia “Non sai quanti genitori scrivono e chiamano in ITS per chiedere info sui corsi, poi iscrivono i figli a loro insaputa e questi nel migliore dei casi non si presentano alle selezioni. Oppure vengono a forza. Negli ultimi anni sempre di più.”
In fondo, anche nelle business school dove ho lavorato questo succedeva. I figli erano laureati di almeno 23 - 24 anni. Tante telefonate sulla falsa riga di:
“Salve, vorrei info sui master per mio figlio che si è laureato.”
“Quali?”
“Quelli in management”
Ne avevamo almeno 30 di tali percorsi.
A completamento del quadro, questo articolo del Fatto Quotidiano parla di tali derive genitoriali.
Le età fragili e l’orientamento giusto
Chi si affaccia al lavoro oggi è più fragile che nel passato. Parliamo di chi ha svolto università o scuola in epoca Covid magari privato di opportunità sociali di formazione e crescita (Erasmus, PCTO, tirocini, esperienze all’Estero) con un mondo che tecnologicamente va velocissimo.
L’Italia ha tra i numeri di NEET più alti d’Europa ma anche il 40% delle posizioni di lavoro di difficile reperibilità (dati ANPAL). Tale situazione ci suggerisce come scuola e lavoro parlino poco e l’orientamento sia poco funzionale.
Ma chi è che deve essere orientato? Vedendo quanto mi scrive una docente di liceo, direi non solo gli studenti ma anche i genitori, veri decision maker.
Relativamente alla scelta del liceo, mi fa:
“Spesso proiettano sui figli idee staccate dalla realtà e li iscrivono a corsi assurdi, totalmente inadatti. Poi ci si chiede come mai il primo anno di superiori ci sia un enorme numero di ritiri/cambi/bocciature. Far perdere almeno un anno ai figli così solo per soddisfare il proprio ego, mi manda ai matti.”
Ma anche gli ITS che offrono un tasso di inserimento post diploma di oltre l’80% non godono anche delle reputazione che si meritano per paura che siano poco “prestigiosi”.
Il lavoro cambia significato
Chi sono i genitori dei quali sto parliamo? Più che altro persone che hanno vissuto il lavoro e la carriera come punti fissi della propria vita. Spesso non si sono messi nella condizione di ripensare le proprie scelte professionali oppure lo hanno fatto e riversano sui figli le loro aspettative non realizzate.
Abbiamo visto anche come late Millennial e GenZ stiano rivoluzionando profondamente il significato del lavoro: visto sì come importante ma anche come qualcosa che deve venire a patti con i nostri valori, stile di vita e salute fisica/mentale. Sotto le due DM di persone nate dopo il 2000:
“A me piace stare con i piedi in terra, vivere le cose attuali prima di pensare a quelle future. Con lei [la madre] è impossibile. Sto iniziando a nasconderle i piani. Le dico solo cose quando stanno per succedere”
“La cosa che realmente mi dispiace è che non capisce [parlando del padre del fidanzato] che il figlio ha una forte passione per il calcio e che vorrebbe farla diventare un lavoro ... invece lui cerca di tramandare il lavoro al figlio non capendo che è una cosa che non gli piace ma che si fa andare bene per non scontentare il padre
Quindi, oltre i cambiamenti tecnologici che impattano i ruoli professionali abbiamo anche il cambiamento di mentalità. Questo si traduce in evidenti difficoltà di dare l’aiuto giusto anche quando il genitore si mette a informarsi, come nelle parole di una mamma di due giovani:
Purtroppo spesso cerchiamo di avere un know how assurdo ormai su tutto quello che pensiamo possa interessare ai nostri figli per il loro futuro; il problema è che spesso non ci viene richiesto, ma proprio per niente...perché hanno i loro canali, perché a volte hanno le idee chiare ma non ce le comunicano chiaramente e quindi noi pensiamo di aiutarli diventando una sorta di "consulente".
Il risultato di solito dimostra che poi fanno tutt'altra cosa lasciandoci così poveri noi che pensiamo di saperla più lunga su come va la vita...ho provato a farlo con la mia primogenita (che ti segue ed ha fatto il suo primo cv seguendo i tuoi consigli) ma col secondo di 14 anni mi metterò in disparte...
Come risolvere almeno in parte?
Verso un dialogo e un’alleanza
Dai fiducia ai tuoi figli? O hai di più paura che capiti loro qualcosa di spiacevole?
Vorrei chiedere questo se hai figli che si stanno guardando intorno per il primo lavoro.
E poi, ma ci parli abbastanza? La tentazione di risolvere i problemi per lui/lei alla luce dell’esperienza vissuta dovrebbe lasciare spazio ad uno spazio di ascolto non giudicante.
“Cosa ti piacerebbe fare veramente?” “Cosa invece vorresti escludere?”
“Ci sono dei percorsi che ti interessano?” “Vuoi che li leggiamo insieme?”
“Noi ti supportiamo nei limiti del possibile ma la scelta deve essere tua”.
Aiutare a trovare informazioni può funzionare, ma io direi ancora di più aiuta dare fiducia. La vita lavorativa sta cambiando: impossibile pensarla come una linea senza soluzione di continuità dalla laurea alla pensione. Più normale pensarla come una serie di passaggi e cambiamenti.
Non esistono scelte sbagliate ma solo una persona che cresce, si conosce ed evolve.
Non perdo mai, o vinco o imparo.
Nelson Mandela
Red flags‼️
Sono da poco tempo genitore e non sono un psicologa, quindi considerale riflessioni di una persona che ha lavorato tanto a contatto con le selezioni di giovani profili. Se sei un genitore stoppa subito questi comportamenti o, sei un figlio/a, blocca subito tua madre/padre da farlo. Rischiano di metterti i cattiva luce in future selezioni per lavoro o studio:
🔵 Far inviare CV al posto tuo. Peggio ancora senza sapere verso quale posizione.
🔵 Chiamare per chiedere informazioni: va bene se hai 15 anni, ma se si tratta di un master non ci fai una bella figura. Unico caso ammesso, se il figlio/a è all’Estero. Anche se comunque ci sarebbero le mail e le videocall…
🔵Possono accompagnarti ma non sul posto. Si fermino prima. Lì sul luogo devi esserci tu, fatti un’idea e, se non sai cosa fare, c’è il caro, vecchio e impersonale “Salve” e poi “Sto cercando…”
🔵 Quando vogliono importi dei percorsi di studio. C’è anche l’ovvio “Io non pago questa roba”. Però, credimi, sei già adulto abbastanza per informarti delle borse di studio, anche regionali, oppure da maggiorenne puoi accedere ad un prestito d’onore (Qua un esempio a titolo indicativo)
In pratica, da genitori ottimo informarci e condividere informazioni, ottimo anche aprire un dialogo ma decisamente non funzionale criticare o forzare.
Da figlio/a, inizia a escludere quello che non ti piace. Chiedi consiglio agli altri ma non la loro approvazione. Impara a pensare che i modelli di successo immediato, under 30, totale che ci propongono, in realtà non è detto sia quello che faccia per te.
Il vero successo è avere uno stile di vita che ci somiglia.
Che ne pensi? Inviami pure i tuoi commenti.
Ti lascio con i Link utili. A presto!
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