Immagine ottenuta con Adobe Firefly
Quando ho letto questo post di Fabiana su LinkedIn, ho subito pensato a due cose: che è possibile inventarsi un lavoro di cui essere felici e all’importanza della vulnerabilità per entrare profondamente in contatto con le persone.
E poi ho pensato a Sandro Formica. Definito "Lo Scienziato della Felicità" da Forbes, è un autorevole go - to expert su questi temi e, per me, l’essere umano che ascolto rapita ogni volta che, con generosità, fervore e un simpaticissimo (anche se quasi impercettibile) accento umbro, condivide esperienze, conoscenze, ricerche e scoperte su felicità, lavoro e Scienza del Sé.
Sandro è professore alla Florida International University di Miami e collabora con il LOV Lab (centro di ricerca su benessere e felicità manageriale) della Claremont Graduate University in California. Insegna inoltre in alcune università italiane, tra cui la Bocconi di Milano, La Sapienza di Roma e l'Università di Palermo, sul tema della felicità e delle organizzazioni positive.
È inoltre il co-fondatore dell’associazione Ricerca Felicità che ha creato il “Barometro Italiano della Felicità al Lavoro” e il suo ultimo articolo scientifico: "The Great Resignation and Quiet Quitting" è il più letto e citato sul tema delle grandi dimissioni e dell'insoddisfazione nel mondo del lavoro.
Secondo le ricerche condotte da Sandro, che è stato disponibile a fare una lunga e interessante chiacchierata dalla California all’inizio del mese di luglio, il lavoro non solo condiziona la felicità, ma oggi è il mezzo principale:
con cui l’essere umano cerca di dare senso alla propria vita
attraverso il quale riesce a costruire relazioni e ad interagire dal vivo (tendenza in aumento e da tenere sotto controllo).
Il primo punto testimonia un passaggio sempre più marcato dal fare alla centralità dell’essere.
Un bisogno che già nel secolo scorso Peter F. Drucker, “l’uomo che ha inventato il management”, riconosceva e prevedeva con la lungimiranza di un ricercatore geniale, quando criticava un sistema educativo ed economico che insegnano alle persone a gestire tutto, tranne sé stessi.
E che si continua a sottovalutare. Così come si tende a ignorare che i veri problemi da risolvere quando si parla di dimissioni di massa, attrarre i talenti, assenteismo, quiet quitting, mobbing, fuga dei cervelli sono la mancanza di allineamento valoriale tra lavoratori e imprese e la mancanza di orientamento al futuro.
Proprio parlando di futuro, e dei lavori che ancora non esistono, Sandro ha sottolineato come lui stesso si sia inventato dal nulla un nuovo lavoro: i corsi universitari in “Positive Organizations”, “The Economics of Happiness” e “Positive Leadership” fino a pochi anni fa non esistevano.
Le due qualità che lo hanno aiutato a convincere i rettori di molte università ad introdurre questi corsi (e che saranno indispensabili per affrontare un mondo del lavoro in continuo cambiamento - intelligenza artificiale compresa) sono il coraggio e il rischio.
La parola coraggio deriva dal latino cor-agere, e significa agire nella direzione del cuore. Inutile aggiungere altro.
Il rischio a cui si riferisce Sandro è quello dei visionari, degli artisti, dei grandi scienziati e dei ricercatori spirituali. A me ha fatto pensare a Cristoforo Colombo e a Walt Disney, vi consiglio questo film, e a quanto sia stato difficile - ma necessario per il mio benessere - non ascoltare tutte le persone che mi dicevano “solo un folle farebbe questa cosa!”.
E se rischio e coraggio fossero gli ingredienti per trovare il proprio spazio nel mondo del lavoro?
E non solo in quello. Sono due qualità da coltivare in un’ epoca in cui, orfani di chiesa, partiti politici e gruppi sociali identitari, la propria chiamata, il Daimon, si realizza soprattutto attraverso il lavoro.
Adoro in Sandro la capacità analitica che gli permette di citare teorie, ricerche, dati e statistiche, e le capacità umane e operative con cui porta tutte queste informazioni nella quotidianità lavorativa, dalle grandi multinazionali alle aule delle università, dai seminari alle sessioni one to one, per stimolare il cambiamento attraverso esercizi efficaci ed evolutivi.
Mi sono fatta suggerire un esercizio da cui partire per iniziare a coltivare coraggio e rischio.
Chiedendogli di sceglierlo tra quelli sull’immaginazione, uno dei pilastri della Scienza del Sé.
La sera, prima di addormentarsi, spento il telefono e la luce, provate a fare una fotografia di cosa volete FARE, ESSERE, AVERE tra 5 anni o, se preferite, cosa volete FARE, ESSERE, AVERE immediatamente, se aveste a disposizione una bacchetta magica.
Con dovizia di particolari, cercate di descrivere questa immagine nel futuro attraverso l’utilizzo dei cinque sensi:
🔹Cosa vedete intorno a voi (vivete in campagna o in città)? Che voce ha la persona che vi sta vicina?
🔹Che suoni sentite Che musica ascoltate per rilassarvi o ad un concerto?
🔹Cosa potete toccare (ad esempio la seta liscia dei vestiti che indossate per una cerimonia, o il legno lucido di un pianoforte)?
🔹Che sapore sentite (come è il cibo del paese dove vi siete trasferiti o dove vi trovate per il un nuovo lavoro? Assaporate un buon bicchiere di vino di una cantina pregiata)?
Sandro consiglia di fare l'esercizio la sera perché il nostro cervello, proprio poco prima di addormentarsi, inizia naturalmente a funzionare ad un ritmo più lento, quello delle onde Theta (le stesse che si attivano durante la meditazione, i cui benefici sono ben noti).
Se non vi riesce immaginare, vi rassicuro: ogni anno Sandro inizia le lezioni in Bocconi con questo esercizio e quasi tutti i suoi studenti trovano inizialmente difficoltà a farlo. Imparare è un processo. Invece di criticarvi per non riuscire ad immaginare (lo scrivo perchè ne so qualcosa!) e mollare, vi esorto a continuare anche per pochi minuti e ad osservare con curiosità quale senso è più difficile attivare. E, ovviamente, a provare ad utilizzarlo un po' di più.
Questo esercizio è prezioso perché siamo schiacciati nel presente, da continue sollecitazioni, e ci troviamo spesso a pensare al futuro solo in termini ansiogeni, consumatori passivi di informazioni negative.
Questo esercizio serve a ricordare che siamo noi a decidere dove andare e cosa fare della nostra vita, con coraggio e prendendosi dei rischi.
Sara Martinelli

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